Provincia Autonoma di Trento - Minoranze Linguistiche

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Minoranze linguistiche
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La Dodicesima Notte in terra ladina

Nella comunità di minoranza ladina della Val di Fassa rivivono i riti legati alla notte dell’Epifania

Pèsca Tofègna, rito dell'Epifania a Penìa in Val di Fassa (© Archivio storico dell'Istituto Culturale Ladino "majon di fascegn")
La "Pèsca Tofègna" a Penìa, rito della benedizione delle case (anno 1982, © Archivio storico dell'Istituto Culturale Ladino "Majon di Fascegn")

In Val di Fassa, come un tempo in tutto il mondo alpino, si credeva che nella Dodicesima Notte dopo il Natale gli animali parlassero tra loro. Secondo la tradizione, si raccontavano come erano stati trattati dal padrone di casa nel corso dell’anno, ma nessuno poteva ascoltarli: pena la morte! In quel giorno, prima dell’Avemaria, tutta la famiglia faceva il giro delle stanze, delle stalle e del fienile; il capofamiglia recava in mano un piccolo braciere contenente incenso e aspergeva l’acqua benedetta in tutta la casa per proteggerla dalle tempeste, dalla folgore, dal fuoco, dalle streghe e da tutti gli spiriti malvagi. A conclusione del rito, il capofamiglia scriveva sugli architravi delle porte le iniziali dei Re Magi: K (Kaspar) + M (Melchior) + B (Balthasar). Questi tre monogrammi, che nascondevano anche un significato religioso in latino (Christus mansionem benedicat, cioè “Cristo benedica la casa”), assieme alla data dell’anno in corso e all’acqua benedetta venivano lasciati fino all’anno successivo per tenere lontani gli spiriti. Almeno così si sperava!

I ladini di Fassa chiamano l’Epifania con il nome di Pèsca Tofènia, “Pasqua teofania”, secondo una terminologia di uso orientale. Nel contesto delle usanze epifaniche si collocano anche i riti della Stella e il viaggio dei Trei Rees, i tre Re, travestimento in chiave cristiana delle questue beneauguranti di Capodanno, forse anch’esse legate alle temute scorribande degli spiriti infernali durante le fatidiche Dodici Notti. Un gruppo di cantori, di solito ragazzi tra i 10 e i 14 anni, si travestivano da Re Magi indossando vesti bianche, fazzoletti di seta di diversi colori, oggetti in oro o argento e una corona in testa: quindi, portavano di casa in casa la luce della stella nelle buie notti invernali. Ancora oggi a Soraga, dopo essere entrati nella stua, i Trei Rees rivolgono la domanda: “Dov’è nato il Re dei Giudei?”. Il padrone di casa o i familiari rispondono: “A Betlemme!”. A questo punto i Trei Rees eseguono i canti della Stella mentre uno dei cantori fa girare, azionando un’apposita cordicella, una stella di legno, solitamente illuminata e molto colorata. In cambio della visita e dei canti, i Trei Rees ricevono dei doni (monetine, arance o altro) che vengono equamente spartiti tra i tre partecipanti al rito.

 

 

Ancora oggi in molti paesi della valle il rito si perpetua in modo analogo, con i piccoli Re Magi che portano di casa in casa l’annuncio della Buona Novella con il canto della Stella, che spesso varia in modo sorprendente, da paese a paese, sia nel testo sia nella melodia.



Per informazioni:
Istitut Cultural Ladin "Majon di Fascegn"
Str. de la Pieif 7 - 38036 San Giovanni di Fassa / Sèn Jan (TN)
Tel +39 0462 764267
Sito web: www.istladin.net