Provincia Autonoma di Trento - Minoranze Linguistiche

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Minoranze linguistiche
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Pasqua tra i ladini delle Dolomiti

Molte le usanze ancora diffuse tra le comunità ladine nel periodo pasquale, perché le tradizioni più antiche e radicate di queste genti sono spesso legate alle festività religiose

Nel periodo che precede la Pasqua, una delle usanze più diffuse tra i ladini delle Dolomiti era ed è tutt’ora quella di dipingere le uova bollite di gallina in diversi colori, decorandole anche con motivi floreali o augurali. Oggi queste deliziose piccole opere d’arte rallegrano le case e i luoghi di accoglienza dentro a cestini colorati oppure appese ai cosiddetti “alberi di Pasqua”, ma un tempo venivano regalate dalle ragazze ai ragazzi il giorno di Pasquetta. Jì a üs (raccogliere le uova, un’espressione che varia leggermente a seconda della parlata locale) era infatti la prima attività a cui si dedicavano i giovani maschi delle valli ladine nel lunedì di Pasqua, facendo visita alle ragazze di paese in paese, per farsi regalare quante più uova possibile. Ma le regole erano precise: due uova ad ogni uomo, quattro a quelli simpatici, sei al fidanzato e dodici al promesso sposo, se il matrimonio era fissato entro l'anno. E guai a colei a cui fossero rimaste delle uova: il giorno dopo avrebbe dovuto affrettarsi a nasconderle nell'orto altrimenti sarebbe stato di cattivo auspicio per trovare marito.
Ma cosa facevano i giovani uomini con tutte quelle uova? Le utilizzavano per un gioco che ancora oggi è molto praticato in queste valli: due contendenti pichiettano alternativamente prima la parte appuntita e poi quella tondeggiante delle uova sode colorate; vince chi riesce a scalfire per primo i due poli dell'uovo avversario e si aggiudica l’uovo del suo rivale sconfitto.
Questa usanza è chiamata peché in Val Gardena, cufé in Val Badia, pechenèr in Val di Fassa, bate vuof a Fodom e bate voo in Ampezzo.