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Cultura occitana e cinema

Nel 2018 il documentario "Bogre", progetto firmato Chambra D'Oc, ha continuato il suo viaggio europeo sulle tracce di Catari e Bogomili: ultima tappa in Bosnia ed Erzegovina

 

Progetto cinematografico "Bogre"

Pubblichiamo un aggiornamento sul progetto cinematografico di Chambra d'Oc per tutti coloro che lo hanno seguito sin dall'inizio; per chi ancora non lo conoscesse, un'ottima occasione per avvicinarlo e approfondire così alcuni interessanti e poco conosciuti accadimenti del Medioevo europeo.

Dopo la Bulgaria, l’Occitania e l’Italia, ad inizio dicembre 2018 il regista Fredo Valla e i suoi collaboratori hanno raggiunto infine la  Bosnia ed Erzegovina. La fase delle riprese è pressoché completata, all’appello mancano solo alcune giornate di lavoro in Piemonte. Voci ed immagini sono ora custodite con attenzione in memorie digitali, pronte per essere montate nei prossimi mesi.
Il viaggio di Bogre ha così avuto inizio e fine nei Balcani, la regione che ha visto prosperare il movimento eretico bogomilo che, come sappiamo, presenta più di un elemento in comune con quello cataro. In Bosnia ed Erzegovina Bogre ha avuto una guida d’eccezione, Ljiljana Dzalto.
Croata originaria di Rama (non lontano da Mostar) e trapiantata a Roma da decenni, Ljiljana è stata una preziosa mediatrice capace di affiancare il regista e la sua troupe in ogni operazione a partire da quella più difficile: addentrarsi nella storia del cristianesimo bosniaco e dei suoi rapporti con il bogomilismo.
Prima di entrare in Bosnia ed Erzegovina abbiamo fatto una tappa a Zagabria, dove abbiamo incontrato il domenicano Franjo Sanjek, fino a poco tempo fa il preside dell’Istituto croato per gli studi storici. Si è ragionato sul possibile arrivo dell’eresia in Dalmazia e sulla persistenza della fede cattolico-romana sul territorio.
A Sarajevo lo storico musulmano Salih Jaliman ci ha contagiato con il suo entusiasmo per la storia della Bosnia, raccontando il suo paese come uno spazio aperto alle idee e alle influenze, orgoglioso di essere a cavallo tra Oriente e Occidente e quindi della propria unica specificità socio-culturale. Secondo Jaliman, che abbiamo intervistato in un antico cimitero sulle colline di Sarajevo, è stato questo contesto a rendere possibile l’affermazione dell’eresia dei “buoni cristiani”.
Il museo etnografico di Sarajevo è stato il set dell’intervista a Emir Filipovic, giovane storico e professore della facoltà di filosofia di Sarajevo. Ha illustrato le molteplici facce della storia del medioevo bosniaco, concentrandosi (grazie a documenti storici slavi e latini) sull’importanza del ruolo della chiesa bosniaca e dei cristianesimi eretici. Conclusa l’intervista con Filipovic, ci siamo a trovati al Cafè Tito, che come suggerisce il nome è dedicato interamente alla figura dell’ormai leggendario leader della Jugoslavia. In una sede più informale, si è passati dal medioevo alla realtà contemporanea, e Filipovic ha condiviso il suo sguardo sui nazionalismi religiosi che dividono i popoli della ex-Jugoslavia. Un’analisi che ci ha colpito nella sua lucidità e che evidenzia le difficoltà e le tensioni sociali che contraddistinguono le recenti operazioni di memoria storico-politica.
Non lontano da Mostar, a Stolac, abbiamo infine incontrato Miroslav Palameta, professore dell’Università di Spalato ed ex Ambasciatore della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina presso la Santa Sede. La domanda a cui ha provato a rispondere è una delle più difficili, anche se appare banale: che cosa sono gli Stecci? Sono monumenti megalitici? Sono tombe bogomile? Migliaia di stecci in pietra sono diffusi su tutto il territorio della Bosnia-Erzegovina. Ma le loro origini e il significato dei simboli scolpiti sulla pietra sono ancora in gran parte sconosciuti, e fonte di divisioni tra gli storici locali.
Un anno fa Bogre era nel pieno della sua campagna di crowdfunding. Eravamo stati in Bulgaria e guardavamo speranzosi all’Occitania. Grazie ai nostri sostenitori dopo l’Occitania è stata la volta dell’Italia, e poi della  Bosnia ed Erzegovina. Recentemente la partecipazione ad un bando per ricevere finanziamenti è stata l’occasione per contattare molte realtà associative impegnate sul territorio occitano e no: spazi culturali, teatri, cinema... sono molti gli amici che intendono contribuire alla diffusione del documentario una volta che saranno terminati i lavori. Se siete tra questi ma non vi siete ancora fatti avanti, fatelo, abbiamo iniziato a costruire una sorta di “rete di distribuzione indipendente” e ci sarà un momento in cui potremo stendere un calendario di proiezioni e saremo ben felici di avervi al nostro fianco.
(Novas d'Occitània, gennaio 2019, dal portale www.chambradoc.it)