Provincia Autonoma di Trento - Minoranze Linguistiche

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Minoranze linguistiche
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Le minoranze linguistiche calabresi patrimonio dell'umanità?

Al vaglio della Regione Calabria, con il sostegno della Provincia di Reggio Calabria e delle altre province calabresi, il progetto ambizioso di candidatura delle minoranze linguistiche calabresi all'Unesco

Greci di Calabria, cartina della loro dislocazione geografica

Dal magazine on-line del Consiglio regionale di Calabria, proponiamo un'intervista alla nota studiosa ellenofona Giuseppina Modaffari a cura di Rosalia Francesca Salvatore
L’interesse del glottologo tedesco Gerhard Rohlfs. La solidarietà per la Grecia dell’area grecanica calabrese.  Parla Giuseppina Modaffari, nota  studiosa ellenofona. La Calabria dei coloni della Magna Grecia è incarnazione e simbolo di una delle fasi più alte della civiltà mediterranea. Da qualche tempo i calabresi sentono  il bisogno di recuperare la propria identità storica. Così, assieme alla dottoressa Modaffari, vera e propria ellenofona abbiamo inteso entrare nel cuore dell’Area Grecanica.

C’è differenza tra area grecanica amministrativa e area ellenofona?
L’area grecanica amministrativa è costituita da 16 comuni: Motta S. G., Montebello Jonico, San Lorenzo, Cardeto, Bagaladi, Roghudi, Roccaforte del Greco, Condofuri, Bova Marina, Bova, Palizzi, Staiti, Brancaleone, Samo, Africo e infine, Reggio Calabria. Ma l’isola ellenofona, ovvero l’area in cui ancora “insiste” la lingua greca parlata, è restringibile ai comuni di Bova, Bova Marina, Roghudi, Ghorio di Roghudi, Gallicianò, e tracce si conservano anche in comuni o parti di essi come Roccaforte del Greco e il suo Ghorio, Arangea e San Giorgio Extra di Reggio Calabria. E ovviamente ci sono anche alcune comunità in Sicilia, a Messina per esempio.

Tante associazioni culturali si sono susseguite nel territorio, alcune più che quarantennali, hanno profuso il loro impegno per la salvaguardia della cultura ellenofona e tutt’ora si prodigano. Ma c’è un capofila, chi gestisce quest’area?
Nessuno. Ci sono diverse associazioni e persone presenti sul territorio calabrese che nel tempo hanno tentato di mantenere viva la lingua, la cultura ellenofona con attività di ricerca e conservazione, e diffusione attraverso canti, balli, usi, costumi e gemellaggi con la madre patria. Ma tra le pecche del territorio noto la mancanza di coesione del mondo associazionistico locale, incapaci di far rete e creare un unicum.

L’Area Grecanica si può a tutti gli effetti considerare un bene culturale?
Sui greci di Calabria e la loro importanza è stato detto e scritto moltissimo. A tal proposito,  il dottor Fabio De Chirico, Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria, in un suo editoriale pubblicato sulla rivista Tafterjournal nel 2011 esplicita quali siano le controversie e le  problematiche nella tutela delle minoranze a partire proprio dal concetto di bene culturale e la cosa interessante è che ricorda di guardare al territorio come ad un organismo mutevole e mutabile in   cui l’antico deve essere integrato e strutturato nel nuovo.
Le linee tracciate da De Chirico sono già di per sé illuminanti. Si crede che mantenere viva una cultura significhi mettere insieme oggetti, strumenti, attrezzi che avevano un senso nel passato, e chiuderli in un museo. Così ci sono spazi che raccolgono polvere, non sono di utilità e non danno nessun senso di continuità.  Lo strumento di per sé vecchio e logoro non dice nulla al cittadino e va raccontato in modo creativo e interattivo.  Questo è conforme alla convinzione che anima l’Unesco circa il valore e la necessità di recupero del proprio patrimonio culturale. In tal senso, grazie all’instancabile lavoro delle associazioni ellenofone presenti sul territorio, è  già al vaglio della Regione Calabria, con il sostegno della Provincia di Reggio Calabria e delle altre province calabresi, il progetto ambizioso di candidatura delle minoranze linguistiche calabresi a patrimonio dell’umanità.

Quali sono le  prospettive di sviluppo di quest’area?
Ci si aspetta che venga davvero attuata una politica di  promozione, tutela e valorizzazione dei beni immateriali calabresi attraverso, espressioni, conoscenze, abilità, così come strumenti, oggetti, artefatti, spazi culturali ad essi associati. Significa contestualizzare l’oggetto e far rete. Un’associazione si potrebbe occupare di ballo, una di musica, una della lingua, una degli antichi mestieri, nell’intento di unire i “saperi” e le capacità. Lo scambio e la circolazione degli artisti  è una forma importante di espressione culturale,  dovrebbero quindi essere incoraggiati e facilitati così come il recupero di tutto questo sapere a livello scolastico. Si tratta d’investire nella diversità culturale, nella propria identità, e  questo è già fonte di profitto e di impiego in numerose regioni del mondo.

Ha ancora senso in un mondo globalizzato parlare di minoranze linguistiche?
Far rete non significa distruggere il particolare, ma  il contrario, incentivarlo. E’ prioritario mantenere la diversità e la propria identità culturale. In qualsiasi regione o nazione, conservare e tutelare le proprie radici diventa sinonimo di stabilità. La conoscenza del proprio patrimonio culturale rende più consapevoli ed indipendenti nelle scelte per il futuro, e diventa un punto di riferimento storico, economico, sociale e culturale non indifferente per i giovani. Perché in Irlanda sopravvive l’irlandese-gaelico o in Val d’Aosta il francese? E’ come una famiglia composta di genitori, figli ma anche nonni, bisnonni, antenati, prozii e così via.

 Attualmente, secondo lei,  l’area grecanica è a rischio?
Si. Dipende dalle capacità dei singoli, ma anche delle autorità, nel cercare di coinvolgere i giovani in un processo di consapevolezza e valorizzazione della propria eredità culturale. Insomma, sono i mediatori in questo processo ad essere importanti. Si potrebbe anche inserire la lingua greco-calabra nel mondo delle attuali tecnologie, della scuola. Quello che manca sono l’interesse e azioni mirate e concrete da parte dei rappresentanti culturali. Addirittura,  per molto tempo la cultura grecanica è stata sinonimo d’ignoranza. I grecofoni venivano definiti  “paddechi”, stupidi, pecorari. E infatti fu un grande studioso straniero, il filologo, glottologo, professore tedesco Gerhard Rohlfs,  a interessarsi per primo ed estesamente allo studio e al recupero della lingua grecanica.

Cosa  pensa di quello che sta accadendo in Grecia, per altro una tragedia umanitaria ma anche culturale. L’Europa pare abbia dimenticato che a Bruxelles si coprivano con le pelli di capra, utilizzavano il baratto, vivevano in villaggi di capanne quando in Grecia c’era già la polis, la filosofia, la poesia e la musica. Mentre nella capitale europea imperversava la barbarie, Atene già esisteva e c’erano le case in pietra.
E’ un dolore grande verso la madrepatria. E’ impossibile stare a guardare inermi, mentre l’Europa schiaffeggia così la Grecia. Una nazione con meno debiti dell’Italia in ginocchio, sembra quasi un accanimento anche i giornali e le tv hanno dato poco spazio all’accaduto. Se chiedessero all’Italia la restituzione del debito anch’essa fallirebbe. E’ un dolore profondo ed è sintomo di quale degrado ci sia nella politica internazionale. E’ un fallimento di tutti noi. E’ la patria di Omero, una delle grandi civiltà del mondo, e non dimentichiamo che ora ci sono esseri umani come noi, nostri fratelli, donne, bambini ridotti alla fame. Le comunità ellenofone, calabresi, siciliane e non solo da tutto il mondo stanno mandando aiuti e solidarietà ai greci. Nel Salento c’è stato un sindaco che manda un suo intero stipendio al sindaco di un paese greco. Ed è un dolore anche essere italiani, c’è un abbandono totale della Calabria da parte delle istituzioni.

Cosa sopravvive attualmente della cultura ellenofona nel territorio?
La lingua, la toponomastica, la musica, balli e canti.  Dagli antichi mestieri, vedi artigianato, tessitura, alla gastronomia, con i famosi piatti tipici calabresi: la capra bollita, frittole, focacce, pitte con la ricotta, maccheroni di casa, petrali, conserve di pomodori e varietà sott’olio. C’è tanto da scoprire e riscoprire.

Sappiamo che lei  ha appena concluso un corso di formazione organizzato dal circolo culturale Paleaghenea, insieme ai Borghi Solidali, e l’Università Dante Alighieri su “la lingua, la storia e la letteratura dei greci di Calabria dalla Magna Grecia ai giorni nostri, nel quadro della tutela delle minoranze”…
Intorno all’area grecanica c’è un grande fermento culturale, e un impegno concreto teso in un’ attività di ricerca, formazione e tutela della lingua, degli usi e dei costumi. E questi corsi sono una boccata d’aria sia per gli ellenofoni che per gli appassionati e ben s’inseriscono in una prospettiva di salvaguardia e diffusione del nostro patrimonio culturale. La tesi da me sostenuta si è concentrata su “ I toponimi e la toponomastica in lingua minoritaria. Dalla legislazione al territorio”. Lo scopo del mio studio è stato individuare i toponimi ellenofoni, l’onomastica ellenofona e attraverso essi dimostrare che una lingua è un bene culturale, e che i siti  che da questa lingua sono caratterizzati e denominati, diventano anch’essi beni culturali, nonché monumenti naturali di un paesaggio reale e immaginifico. Di conseguenza è fondamentale salvaguardare la lingua greco-calabra in quanto veicolo di una cultura millenaria e le nostre radici, senza non ci evolveremo.

PER SAPERNE DI PIU’
Da un punto di vista topografico l’Area Grecanica è un’area geografica della provincia di Reggio Calabria, ellenofona, localizzata attorno alla Vallata dell’Amendolea; si estende su circa 454 km² di superficie ed è compresa tra il basso Jonio reggino e l’Aspromonte. Attraversata dalla fiumara Amendolea e da altre minori.  Comprende alcune zone costiere, pedemontane e montane. Oltre alla sua ricchezza naturalistica (mare e montagna), il territorio di cui parliamo ha radici culturali e storiche antiche.