Provincia Autonoma di Trento - Minoranze Linguistiche

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Minoranze linguistiche
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L'altra unità: minoranze linguistiche e unificazione nazionale

Relazione di Pierfranco Bruni, responsabile del progetto “Etnie - Risorgimento” del Ministero per i Beni e le Attività Culturali su: l’altra unità tra storia e minoranze linguistiche

 

C'è un'altra Unità d'Italia da conoscere, da contestualizzare, da proporre come modello di approfondimento storico all'interno del Risorgimento? Una domanda che, in questi mesi, è ritornata spesso e alla quale non sono mancate le chiavi di lettura sia di ordine prettamente storiografico sia ideologico sia letterario. E in questa visione e intorno al concetto di "unificazione italiana" un percorso interessante lo hanno segnato quelle presenze minoritarie, ovvero le minoranze linguistiche, grazie<alle quali anche il valore di "identità" ha assunto, e assume, una interpretazione non solo storica ma anche antropologica.
Non si può leggere il processo risorgimentale, e in modo particolare gli anni compresi tra il 1859 e il 1870, senza tener conto di una antropologia contaminante nelle varie geografie dell'Italia prima disunita e successivamente disarmonicamente unita.
L'idea di identità nazionale può considerarsi tale soltanto se passa all'interno di quei valori condivisi che pongono al centro il concetto di Patria, di Lingua, di Nazione nonostante gli articolati elementi che girano intorno alla semantica di appartenenza, di eredità, di compartecipazione. Ci sono stati alcuni personaggi che provengono da eredità diverse rispetto a quelle che hanno dato i principi portanti alla Patria e alla Bandiera. Patria e Bandiera sono un valore unico ma non sono questi riferimenti che hanno permesso, comunque, una Unità d'Italia sviluppatasi nel 1961. La Patria e la Bandiera sono chiaramente valori condivisi. Ciò che non presenta una condivisione non è ai valori ma alle azioni, al protagonismo, all'esercizio delle divisioni geografiche.
La chiave di lettura di una cultura unificante dei vincitori recita una versione che si propone con alcuni protagonisti senza i quali non saremmo arrivati al 1861. L'altra chiave di lettura che è quella identificatasi con i vinti propone non modelli alternativi ma storie diverse. E non si tratta neppure di continuare stabilire la necessità di due blocchi: quello piemontese - francese - sabaudo e quello borbonico - napoletano - siciliano aggiungendone un terzo che quello del vaticano e della Stato pontificio con le sue realtà territoriali e i suoi valori di base. L'altra Unità, in fondo, resta quella del popolo, delle sopravvivenze del mondo contadino, delle culture realmente minoritarie sia in termini economico - politici sia etno - geografiche.
Chi ha maggiormente vissute le ferite tra i Borbone e i Savoia è stato il Sud: E' stato quel "Regno" identificato come delle Due Sicilie nel quale le emergenze sono diventate vere e proprie sopravvivenze. Sempre in nome del popolo italiano si è lottato dividendosi tra garibaldini e briganti. O meglio tra cafoni diventati garibaldini e garibaldini diventati briganti e successivamente borboni diventati al servizio dei Savoia. Con Ferdinando e nel breve periodo con Francesco II il Regno di Napoli ha costruito la storia di un Sud che aveva nel cuore del Mediterraneo la sua centralità.
La piemontesizzazione è stata la francesizzazione del Sud che ha inciso anche in termini antropologici. quale è la differenza tra un Francesco Crispi interprete e protagonista dell'Unità d'Italia voluta dalla borghesia siciliana e del Sud, egli siciliano e di origini Italo - albanesi, e Agesilao Milano che da soldato borbonico sfida Fernando cercando di ucciderlo nel giorno dell'Immacolata: Milano è un Italo - albanese puro. Entrambi sono personalità del mondo delle minoranze linguistiche che parlano l'arbereshe.
L'attentato di Milano è un "caso" esemplare in una Napoli che era già fortemente contaminante dalle tradizioni e dalle lingue. Il Cavour che scriveva in  francese poteva capire e dialogare con il cafone della Lucania la cui sola lingua era il "basilisco" alla cui base però insisteva il napoletano - italiano del Regno delle Due Sicilie? La storia nell'Unità del 1861 non ha raccontato queste divisioni di eredità linguistiche e antropologiche ma, tali divisioni, hanno avuto e hanno, in termini storiografici, oggi, una importanza particolare.
Il Garibaldi che si illude di  consegnare  il Regno di Napoli ai Savoia lo fa in termini militari  ma neppure può farlo sul piano storico (ed egli è consapevole di ciò) perchè insieme a Dumas  ha conosciuto, per quel poco che ha abitato il Sud,il popolo, le genti, le tradizioni e le lingue del Regno di Napoli: Napoli, Calabria e Sicilia. Le lingue sono dentro la storia anche se è la storia che potrebbe condizionare le lingue. Ancora oggi la contaminazione delle lingue tra parte del Mediterraneo e vecchio mondo delle Due Sicilie è consistente.
L'altra Unità da proporre non è soltanto da leggersi sul piano storico, militare, egemonico ma linguistico e in questa direzione la letteratura ha giocato e continua a giocare un ruolo straordinario. Ecco perchè accanto ad un'altra Unità da intendersi sul versante della lettura storica c'è anche un'altra letteratura sorta non nel Risorgimento come complessità culturale storica ma negli anni che ruotano intorno al 1861.
Le interpretazioni di Dumas e di Abba sono diverse da quelle di Alianello e di Verga. Il Valore di Patria dell'incompiuto "Confessioni di un Italiano" di Nievo è completamente disarticolato dalle pagine di Prezzolini. Per non parlare delle biografie e delle cosiddette memorie. Mettiamo a confronto le memorie di Garibaldi raccolta da Dumas con quelle di Carmine Crocco per renderci conto, anche linguisticamente e antropologicamente, che ci si trova davanti ad una geografia che non è solo immaginaria divergente ma ad una geografia esistenziale, antropologia ed etno - storica completamente di altra natura pur nell'attraversamento, il primo caso, e nell'abitare, il secondo, la stessa geografia territoriale.
Il territorio racconta storie e destini che sono diverse proprio nel segno di un processo che è storico certamente ma solo con la storia non regge perchè ha bisogno di una scavo profondamente antropologico, etnico, letterario e realmente umano. L'altra Unità c'è stata e la presenze dell’ etnie e delle "minoranze" linguistiche segnano un passaggio incancellabile e rivelante ancora nel nostro tempo.